Essere testimone
Da ragazzo, benché fossi assiduo frequentatore dell’Oratorio Salesiano del Sacro Cuore in Roma, e nonostante il mio impegno nell’Azione Cattolica come Aspirante, non ho mai voluto fare il chierichetto. La colpa era dell’incenso. Da lontano, il suo profumo diffuso era anche piacevole, e le nuvole che salivano in cielo mi ricordavano, come mi avevano insegnato, che rappresentavano l’innalzarsi delle nostre preghiere e l’omaggio a Cristo Re. Ma da vicino, no: cominciavo a tossire, lo sentivo acre e fastidioso persino sulla pelle.
Anche sulle pagine non mi sono mai piaciute le incensature ed evito la peste dei superlativi. Ma gli amici hanno voluto dedicare il dossier di questo numero ai miei 90 anni (nato a Roma il 28 ottobre 1925), hanno insistito, e io, che sono ben noto come il campione mondiale della modestia, ho ceduto e ho aperto il mio archivio. Si sa che i vecchi sono deboli.
Arrossisco, dunque, ma obbedisco. Non tanto per la mia persona, ma per i miei 90 anni; vorrei essere considerato per quello che mi sento essere oggi: un testimone. Ho vissuto una straordinaria epoca di trasformazioni in tutti i campi: nella storia umana, nella politica, nella società, nella comunicazione, nella letteratura e nel giornalismo per ragazzi. Ho conosciuto fatti e persone memorabili, e pochissimi fra i miei coetanei sono ancora in vita. Perciò mi viene l’orticaria quando molti scrivono di storia sugli argomenti suddetti sulla base del sentito dire da altri, con dicerie, supposizioni o addirittura slogan culturali, senza tener conto di chi ha vissuto quei problemi e quei tempi. Qualche esempio: il bel volume L’Italia del Vittorioso (A.V.E.), pur essendo redatto da un illustre storico, illustra brillantemente le diverse novità dell’edizione ma non ne spiega i motivi, non avendoli chiesti a chi li aveva attuati (solo Ernesto Preziosi, ne Il Vittorioso – Storia di un giornalino, Il Mulino Ed., ha reso giustizia alle mie funzioni nella direzione e ha rivelato notizie inedite); in un libro sulla crisi Rossi-Gedda del 1954 il mio nome non appare, nonostante avessi usato il giornalino come sostegno economico ai dimissionari con aneddoti interessanti. E ultimamente mi è spiaciuto che gli amici del Pepe Verde¸ nel parlare della censura sulla stampa per ragazzi (dalla legge francese del ’49 al Comitato di autocensura italiano) non abbiano interpellato chi c’era e ha vissuto da comprimario tutta la fase: avrebbero evitato alcune inesattezze.
Ho trascorso una vita interessante, impegnata, varia, ricca di amicizie, di interessi, e oggi di ricordi ancora vividi. Da quando avevo quattro anni, mi sono tuffato nel mondo dei libri e vi ho nuotato con voluttà. La Provvidenza mi ha condotto per vie misteriose a carichi e incarichi che non avrei mai immaginato. Da parte mia vi ho messo, fin da bambino, due elementi: la curiosità e la voglia di farmi capire. Il primo ha fatto di me, fin da quando avevo cinque anni, il “bambino dei perché”, e quando le nonne, i genitori e gl’insegnanti avevano risposto ai primi interrogativi, io li tormentavo con un petulante “…e perché, perché allora?”.
Il secondo elemento è stato la voglia di farmi capire da tutti, da cui la passione per le parole e una forte capacità di ricordare quelle incontrate (anche per caso e anche di altre lingue), nonché lo scrivere con calligrafia chiaramente leggibile sia i testi più impegnativi sia i semplici appunti. Ho cercato di mantenere la chiarezza sia dello stile sia dei concetti anche nelle pagine, nel giornalismo e nell’editoria, per radio e in televisione. Rispetto per i lettori e desiderio di non essere travisato, per dire i miei pareri chiari e tondi. Rispetto anche per chi non la pensa come me, ma senza ambiguità e senza servilismi. Molti hanno creduto che dietro di me vi fossero potenze occulte, che fossi spinto o addirittura finanziato da qualcuno: state tranquilli, dietro a me c’è solo la mia ombra, ma sulle mie orme camminano ancora tanti amici, come io sto sulla linea dei Maestri che mi hanno preceduto.
Buttate via tutte queste carte, ma ricordate che, finché Dio me lo concede, sono
un testimone.
Domenico Volpi