Parole e cartoons: finalmente un saggio che studia il ruolo dei nostri registi nel cinema d’animazione
Roma non è mai disattenta, anche se dispersiva e onnivora. E anche le istituzioni sono spesso alla ricerca di opportunità valide per offrire momenti di riflessione significativi nel campo della cultura. Non è sfuggito quindi alla LUMSA, Libera Università Maria Santissima Assunta, e ai principali media, la presentazione del saggio della studiosa Maddalena Menza, per i tipi della giovane casa editrice Ars SapientiaE di Roma. L’evento ha avuto luogo presso la LUMSA alla presenza degli studenti del prof. Gennaro Colangelo, docente di Progettazione e organizzazione dello spettacolo, e molti altri spettatori.
Parole e cartoons nasce dall’interesse per la fiaba che l’autrice ha rintracciato non solo nella sua formazione individuale, ma soprattutto in quella professionale sia come insegnante di scuola primaria sia come studiosa di storia della cinematografia. La fiaba, come ricorda Jack Zipes, rimane un’efficace valvola di sicurezza che da un lato rafforza il pensiero divergente e dall’altro combatte le forze omologanti dell’attuale società liquida. La fiaba ha ereditato il potere della narrazione orale con cui si trasmetteva un messaggio pedagogico e un contenuto educativo, si faceva vibrare l’interesse del giovanissimo ascoltatore e quello dell’adulto accorto, si portava in pareggio l’esperienza della vita con quella dell’immaginazione. Quale miglior mezzo espressivo del cinema per dare visibilità alla fiaba, ai suoi contenuti, alle sue immaginifiche coreografie, ai suoi personaggi fantastici o realistici? Merito delle suggestioni create dall’incontro di parole, immagine, musica, colore. La centralità della storia è riconosciuta da tutti i registi italiani intervistati in questo saggio, la scelta dell’animazione tradizionale o in 2D era direttamente proporzionale all’effetto che intendevano raggiungere con il loro film d’animazione, così come l’ottima qualità artigianale degli illustratori e dei grafici italiani.
Fino ad oggi non si era pubblicata una ricerca così coerente e completa sulla produzione italiana di film d’animazione, privando questo settore della meritata visibilità nel vasto panorama della cinematografia internazionale. Gli italiani hanno creato delle ottime sinergie tra illustratori, sceneggiatori, grafici, musicisti e tecnici per costituire una – seppur esile – risposta all’egemonia americana in questo campo da molti decenni. Le italiche realizzazioni non hanno potuto concorrere contro le megaproduzioni americane, i registi hanno quindi preferito scegliere la qualità e l’originalità, l’alta professionalità quasi artigianale dei tecnici, l’ottima performance – completamento non accessorio – della musica, l’accuratezza dei testi, per conquistarsi uno spazio ed un apprezzamento sincero di pubblico e critica. Il saggio Parole e cartoons passa in rassegna ben 5 autori italiani, con intervista e documenti in appendice per ricavare un quadro ancora più definito della loro concezione artistica e del loro impegno culturale.
Non tutti sapranno cheil primo cortometraggio animato (1949) fu a firma di Anton Gino Domeneghini: con il suo La rosa di Baghdad vinse il primo premio alla Mostra internazionale del cinema di Venezia. Nonostante il clima cupo del dopoguerra, le ovvie difficoltà finanziarie e l’insicurezza psicologica che non tornava a favore di progetti creativi inusuali, Domeneghini riuscì con caparbietà a concludere in modo brillante la sua operazione, pur impiegando circa sette anni. L’episodio, tratto dalle Mille e una Notte, venne sfruttato anche per un certo merchandising ante litteram con la pubblicazione di un libro (Baldini & Castoldi, poi Mondadori) una serie di quaderni, un albo a fumetti. Niente a confronto della macchina commerciale di Walt Disney ma Domeneghini ne aveva intuito le potenzialità e aveva provato, solo contro l’opinione pubblica e il mercato, a infrangere quella staticità italiana. Dopo questo successo il nostro pioniere del cinema d’animazione, che aveva aperto la strada ai suoi successori, tornò alla sua professione di pubblicitario senza cimentarsi mai più in altri cortometraggi.
In epoca contemporanea la Menza tratteggia il profilo del regista Bruno Bozzetto, un bergamasco caparbio e sensibile che già a 20 anni fondò una sua struttura produttiva stabile con cui realizza spot, fumetti, sigle animate. Racchiudere l’ingegno creativo di Bozzetto in un capitolo è affare arduo per la Menza, figurarsi per noi in poche righe! Diremo perciò che questo regista che ci invidiano in tutto il mondo ha coniugato estro e originalità, competenze tecniche e qualità artistiche per rallegrare e far pensare gli spettatori dei suoi cartoni: West and soda (1965), Vip mio fratellosuperuomo (1968), Allegro non troppo (1977). Inoltre ha rappresentato l’uomo medio italiano nel personaggio del Signor Rossi, amatissimo ancora oggi. A Bozzetto non basta dedicarsi ai cortometraggi, anche divulgativi per Quark, sente l’urgenza di sperimentare ulteriori tecnologie e nuovi linguaggi superando le sue frontiere professionali e ottenendo meritati Premi internazionali.
Chi era Stelio Passacantando? Un pittore che concepì per primo in Italia di dipingere direttamente sulla pellicola dai colori freddi, realizzando così il suo primo film d’animazione Il divenire delle forme, nel 1960. Dopo questa esperienza volle proseguire nella ricerca espressiva e si trasferì all’estero, lavorò in sinergia con importanti studi cinematografici, pubblicitari, televisivi. Di lui si ricorda il film Il giornalino di Gianburrasca, del 1991, ispirato ai disegni originali di Luigi Bertelli, in arte Vamba, con animazioni e inserimento di filmati d’epoca. Un’opera poetica e unica che divertì i bambini e gli spettatori adulti.
Forse il nome di Enzo D’Alò è più conosciuto, perchè appartiene ad una corrente più recente di animatori e cartoonist. Su di lui verte il quarto ritratto in cui si racconta anche tramite un’intervista, la genesi de La freccia azzurra (1996) e de La gabbianella e il gatto (1999). Tratto dalla fiaba ecologica di Sepulveda, questo film d’animazione risveglia i valori dell’altruismo, dell’accoglienza, dell’accettazione delle diversità. La narrazione e i disegni hanno un tratto meno originale del precedente ma il facile manicheismo con cui è costruita la trama, le antitesi di tipo primordiale – facilmente riconoscibili anche dai bambini – sono gli elementi che ne hanno decretato il successo. Momo (2001), Opopomoz (2004) e Pinocchio (2013) delineano un percorso di crescita professionale di cui si potranno meglio conoscere elementi rivelatori e intuizioni illuminanti grazie alle interviste e alle recensioni critiche raccolte nel saggio.
In conclusione la Menza presenta e analizza il successo di un marchigiano, Iginio Straffi, un self made man che inizia a collaborare con le story board in Italia e poi si trasferisce in Francia per affinare le sue competenze professionali. Come regista di animazioni lascia il suo segno in alcune serie animate per bambini come Tommy e Oscar, Monster Allergy ma è soprattutto con la serie delle fatine Winx che ottiene il successo e la fama internazionale. Le 5 fatine, che hanno sviluppato un vero caso di merchandising e sono tradotte in circa 150 paesi del mondo, sono sui piccoli schermi dal 2004; solo nel 2007 esce il loro primo lungometraggio con la tecnica tridimensionale, una classica fiaba che sarà seguita da altre tre produzioni. La capacità artigianale di Straffi assieme alla fantasia e alla sua abilità imprenditoriale hanno ottenuto un prodotto di qualità, di cui la Menza approfondisce il significato socioculturale e l’impatto nel mondo artistico.
Il saggio si conclude con una ricca bibliografia di lavori critici e articoli, una sitografia ragionata e una serie di documenti raccolti nel corso di più di cinque anni di studio. Questo approfondito lavoro riempie un vuoto saggistico, ci aiuta a tracciare una parabola delle eccellenze nostrane nel mondo dei cartoons, stimola i giovani a prendere in considerazione questo settore professionale ma soprattutto a non abbandonare i propri sogni nonostante le difficoltà lungo il percorso della vita.
Claudia Camicia