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Wonder: non solo meraviglia.

29 gennaio 2018

   Antefatto: in un parco di New York un bimbo di tre anni sta gustando un gelato. Vedendo al suo fianco una bambina con una deformità facciale, si spaventa e urla terrorizzato. La mamma istintivamente lo trascina via e lo riporta a casa. Fine dell’episodio e inizio della storia.

La mamma del bimbo si chiama Raquel Jaramillo e lavora nell’industria editoriale come art director e designer di copertine di libri. Pur avendo la passione per la scrittura, non ha mai scritto un romanzo. Quell’incontro, però, le è rimasto dentro come un peccato di omissione. Poteva e doveva parlare con la bambina, spiegare a suo figlio che le persone non vanno giudicate per il loro aspetto esteriore e non l’ha fatto. La stessa sera decide di porre rimedio e inizia a scrivere con lo pseudonimo di R.J. Palacio (cognome della madre) le prime pagine di Wonder. La bambina del parco diventa August Pullman (Auggie, per i suoi familiari) affetto da sindrome di Treacher Collins e sottoposto sin dalla nascita a 27 interventi. Un casco da astronauta nasconde la sua anomalia cranio-facciale e l’affetto dei suoi familiari lo protegge dalle reazioni degli estranei. A fargli da maestra ha sempre provveduto la mamma; a giocare alla playstation e a strappargli sorrisi il padre; a coccolarlo la sorella maggiore, Via. Ora, però, è arrivato anche per lui il momento di frequentare la scuola pubblica, unirsi ai suoi coetanei, rispondere alle domande dell’insegnante, mangiare alla mensa scolastica, partecipare alle gite. È arrivato il momento di non attendere più soltanto il giorno di Halloween per andare in giro e sentirsi normale. È scoccata l’ora di combattere la sua personale “Guerra Stellare” approdando come un astronauta nel pianeta della società. Lo farà con il coraggio di un supereroe e “mettendoci la faccia”. Un percorso di vittorie e sconfitte, gioie e dispiaceri, umiliazioni e rivalse, fino alla conquista dell’amicizia e della medaglia come alunno dell’anno.
Dal romanzo della Palacio alla trasposizione filmica di Stephen Chbosky, con il piccolo Jacob Tremblay (che nel 2015 Lenny Abrahamson ci aveva fatto conoscere in Room) nel ruolo di Auggie e con Julia Roberts e Owen Wilson in quelli dei genitori. Mettiamo da parte una tantum il giudizio prettamente critico sulla regia, sulla riuscita o meno del film, sulla bravura degli interpreti. Evitiamo anche di discutere sull’opportunità o meno di alcune divagazione (come la morte della cagnetta, la rottura e riconciliazione dell’amicizia tra Via e la sua migliore amica, il tentato pestaggio nella colonia di alcuni bulli e lo scontato “arrivano i nostri”, ecc.) e concentriamoci sul valore dell’operazione compiuta. Riproporre alla nostra attenzione il tema della diversità fa sempre bene. Libro o film, storia vera o inventata, è sempre il caso di chiedersi che significa essere normali, fino a che punto l’aspetto di una persona rivela ciò che si è, se esiste una medicina migliore dell’affetto dei propri familiari e dell’amicizia dei coetanei per combattere la solitudine. Nelle intenzioni dell’autrice Wonder doveva far riflettere soprattutto i ragazzi, ma non si può etichettare come storia per ragazzi una vicenda che deve interessare tutti. I lettori (e gli spettatori) ideali dovrebbero essere figli e genitori, docenti e alunni, seduti fianco a fianco, perché con un titolo volutamente polivalente (non solo “meraviglia”, ma anche “chiedersi il perché”) la Jaramillo e Chbosky chiamano a rapporto casa e scuola, le due principali istituzioni preposte alla formazione dei ragazzi. Un bambino malato è una cartina di tornasole che rivela la nostra sensibilità. Nessuna benda, maschera, o casco nasconde deformità d’animo. In Wonder, alla solare famiglia di Auggie è contrapposta quella penosa del borghese Julian, agli schizzinosi compagni di classe che temono contaminazioni la dolce e coraggiosa ragazzina che sfida il gruppo e supera la barriera dell’emarginazione. Ognuno scelga il personaggio che più gli si addice o il gruppo al quale appartenere e rifletta su come si sarebbe comportato “al posto di”. Tenga presente, però, la lezione impartita dal saggio preside della scuola ai genitori di Julian che hanno cancellato con photoshop il “mostro” dalla foto di classe e pretendono l’allontanamento definitivo di August Pullman: “Auggie non può cambiare la sua faccia, ma noi possiamo cambiare i nostri sguardi”.

Wonder
Regia: Stephen Chbosky
Con: Julia Roberts. Owen Wilson, Jacob Tremblay, Daveed Diggs, Mandy Patinkin, Sonia Braga.
USA, 2017
Durata: 113’

Italo Spada
(italospada@alice.it)

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