Pagine GiovaniPagine Giovani
Rivista del Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile
  • Abbonamenti
  • Acquisti
  • Chi siamo
  • Contatti
  • Home
  • Lavora con noi
Il-profilo-delle-competenze_copertina-1-720x1024

Anno 2020: circoleremo con una nuova moneta nel portafoglio. Quando la lettura si trasforma in contanti da spendere.

5 febbraio 2018

Portfolio, lo senti zeppo o vuoto, consistente o leggero quando lo infili in tasca?
La sua similitudine con un portafogli a fisarmonica, di quelli che una volta si riempivano di bancone giganti e che poi hanno lasciato il posto a carte di credito e persino a decine di carte fedeltà, ha qualcosa a che vedere con il nostro argomento.
Introduciamo questo termine: portfolio. Il portfolio è innanzitutto un documento o, se preferiamo, anche un portadocumenti, purché lo si concepisca fin dall’origine in formato digitale e con appositi link che rimandino a dichiarazioni e certificati.
E’ figlio del tradizionale Curriculum, lontano cugino della veterana lettera di presentazione ad uno sconosciuto datore di lavoro. Passando di generazione in generazione, il CV si è configurato come qualcosa di più rilevante di una formale dichiarazione di competenze e risultati scolastici. Proprio qui sta il punto. Come descrivere se stessi nell’Europa che cambia? Come profilarsi senza ingessare le competenze informali acquisite, tanto preziose quanto quelle faticosamente certificate? ( Per approfondimenti sulla formazione professionale non ordinistica, vedi D. Lgs. 16 gennaio 2013 n. 13) Come disegnare un’immagine attendibile e duttile dei nostri apprendimenti negli anni? ( Commissione Europea. Libro Bianco su istruzione e formazione. “Insegnare e apprendere – Verso la società conoscitiva”, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee, 1996. )
Il CV, un cavallo vapore a furor di popolo, necessita anche di un’altra versione consona alla società dell’informazione. Necessita di un’evoluzione che gli sia polare, ma non surrettizia.
Si chiama portfolio: si sviluppa in stile argomentativo e narrativo, si costruisce oltre l’idea, utile ma asettica,  di una lista cronologica del proprio percorso formativo e professionale, ammesso e concesso che riusciamo sempre a ricostruirlo (Luperi Patrizia. “Il portfolio delle competenze: un nuovo strumento per il professionista dell’informazione”, AIB (Collana Fuori collana), 2017). E’ uno strumento di auto-riflessione. E’ dinamico, evidenzia i punti di forza del nostro profilo, addirittura osando le eventuali carenze o esponendoci a desideri ed aspettative di apprendimento futuro. E’ uno strumento di responsabilità persino civile, che si genera dal desiderio di affermazione professionale per avviare un patto con il futuro datore.
All’uscita del libro della Luperi sull’argomento, scopriremo come accostare progressivamente i curricula a nuove forme di presentazione professionale. I ragazzi di oggi, dotati delle più diverse intelligenze multiple, saranno avvantaggiati da questo nuovo motore, capace di validare le competenze informali. Come? Scrivendo tre pagine o poco meno ad informazione variabile, raccogliendo tre anni o poco più di step di apprendimento (anche on the job) e ricreando progressivamente un’immagine di sé più consapevole e realistica.
Perché parlarne anche ai giovanissimi? Per imparare progressivamente ad autovalutarsi. Per affrontare la cerniera scuola-lavoro e ridurre le fatiche del mismatch. Per valorizzare quelle competenze invisibili, ancora troppo poco valorizzate come, udite udite, anche la lettura.
Di fronte ad una generazione X in cui la discontinuità della comunicazione e la velocità sono le due marce base dell’apprendimento, perché non abituare la screen generation a leggere le proprie competenze e a riconoscere che sono in evoluzione ed involuzione continue? E’ un modo intelligente per mettersi in gioco prima che la sfida con il mondo del lavoro renda frustrante i tentativi di riconoscimento personale.
Ho tentato, allora, un esperimento per testare le loro reazioni. Dopo aver letto  “Il piccolo principe” ad alcuni ragazzi e ricordato il valore di quella relazione costruita nel tempo con sé e con gli altri (l’essenziale è invisibile agli occhi, dice la volpe), ho chiesto che cosa vorrebbero che gli altri sapessero di loro. L’ho fatto scrivere su alcuni palloncini colorati, lasciati appesi ai tavoli della biblioteca, quel tanto che basta per veder volare non oggetti ma qualità.
Un modo per socializzare quelle intime competenze che ci rendono unici, quegli ostacoli di apprendimento che possono diventare una diversa opportunità per la nostra vita.
Che cosa è successo? Come nelle fiabe, il sogno anticipa la realtà: sollecitati a descrivere – e non solo elencare – le proprie abilità e presunte competenze, ci si riesce a raccontare con maggiore serenità agli altri. E’ un viaggio verso la consapevolezza di sé e di che cosa siamo veramente capaci di fare. Prima ha inizio questo processo di consapevolezza, prima allontaniamo il naturale harakiri con cui, per timore del giudizio dei tempi, facciamo piazza pulita delle nostre più recondite passioni, lettura compresa. Dimenticandoci – e tanti datori di lavoro lo sanno – che l’amore per la lettura stabilisce nuove relazioni fra le cose e nuove capacità di comunicazione.
E’ per questo che nella dichiarazione auto-valutativa con cui ho dato avvio al mio portfolio, ho ricordato, senza imbarazzi, le mie curiosità innate: “Ho sempre amato studiare e scrivere fin da piccola, quando la domenica mattina obbligavo i miei genitori ad ascoltare i racconti bizzarri che stendevo in attesa che si svegliassero. A 7 anni lessi, in una notte, testa sotto il cuscino e pila strategica, tutto il libro di Alice nel Paese delle Meraviglie e Alice nel Paese degli Specchi, che i miei mi avevano appena acquistato per consolarmi dalla febbre. Fu una rivelazione. Era l’anno 1970. I miei temi facevano il giro della scuola elementare senza che lo sapessi e i risultati delle mie interrogazioni di filosofia al liceo erano motivo di dibattito nel corridoio. Sono gli interruttori che, accesi nell’infanzia, ho continuato a percorrere…”

 Viviana Vitari, Bibliotecaria Associata AIB – Bergamo

Related Posts

DSCN4606

Biblioteche /

ALLA SCOPERTA DEL CILE: NATURA E STUDIO 
18-29 aprile 2019

logo parapiglia

Primo piano /

Intevista ai fondatori della casa editrice indipendente Parapiglia

Categorie

  • Biblioteca dell'educatore
  • Convegno di Palermo
  • Dicono di noi
  • Eventi
  • L'Editoriale di Pagine Giovani
  • Lettere al direttore
  • media
  • Pagine Giovani
  • Pianeta Libro
  • Primo piano
  • Recensioni
  • Rubriche
    • Ambiente
    • Arte
    • Biblioteche
    • Cinema
    • Educatori
    • Fumetti
    • Internazionale
    • Scuola
    • Teatro ragazzi

L’editoriale di Pagine Giovani

  • The Giant Rabbits in the Room Or Whatever Happened to Freedom in Children’s Books?
    21 settembre 2018
    Pubblichiamo in versione originale l’editoriale pubblicato su N. 3 – 2017 di Pagine. Giovani. The Giant Rabbits in the

Lettere al direttore

  • stamattina mi sono arrivati i primi due numeri di PAGINE GIOVANI
    Caro Angelo, stamattina mi sono arrivati i primi due numeri di PAGINE GIOVANI. Tra poco ringrazierò Claudia e le dirò cosa ne penso dopo una prima scorsa veloce. E’ una rivista che ti viene
  • Nuova edizione di Pagine Giovani
    Cara Claudia, ho ricevuto e letto con piacere la nuova edizione di PG. L’impatto è stato positivo, la grafica sicuramente più grintosa e accattivante e così pure la struttura dei vari pezzi
  • Sono un’insegnante in pensione da qualche anno
    Caro direttore, Sono un’insegnante in pensione da qualche anno e, tornando col pensiero agli anni trascorsi nella Scuola Media, alle prese con ragazzi in una età alquanto difficile, le scrivo per

Back to Top

  • Chi siamo
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Abbonamenti
  • Acquisti
© Pagine Giovani 2021
Rivista del Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile