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Biblioteca dell’educatore – reccensioni pubblicate nel numero 3- 2017 di Pagine Giovani n. 167

5 novembre 2018

Biblioteca dell’educatore – reccensioni pubblicate nel numero 3- 2017 di Pagine Giovani n. 167

PARUOLO ELENA
Il Pinocchio di Carlo Collodi e le sue riscritture in Italia e Inghilterra
Aracne, Roma, 2017, pp. 384, € 32.
Il saggio, che fin dal titolo palesa la sua vocazione di ricerca con affondi sulla saggistica italiana e anglofona, si propone come una dettagliata summa dei contributi critici sul noto romanzo Pinocchio di Carlo Collodi. Il volume, frutto di una erudita ricerca durata molti anni, si compone di nove capitoli, densi di riferimenti e citazioni dei più illustri studiosi non soltanto italiani, raggruppati in tre parti. Nella prima parte/sezione: Carlo Collodi e Pinocchio si esamina la formazione culturale di Collodi (1826-1890), il contesto letterario in cui si è inserito – con doviziosi rimandi alla produzione letteraria dell’epoca – nonché l’evoluzione della letteratura giovanile alla luce delle finalità, ad un tempo educativa e ludica, scelte prioritariamente da Collodi. Inoltre l’autrice analizza con sagaci riflessioni il rapporto dell’autore con l’infanzia, il significato del burattino/ragazzo e la definizione di questo romanzo. Appartiene al genere fiaba o a quello realistico? Pinocchio si pone come commistione di vari generi (fiaba, favola, romanzo di formazione, fantasy) e il suo protagonista rappresenta il primo vero ragazzo “ribelle” alle convenzioni letterarie del secolo. La studiosa approfondisce la conoscenza critica di questa pietra miliare della letteratura giovanile attraverso molteplici chiavi di lettura, sostenuta anche dalla sua prospettiva di esperta anglista. Si sofferma sulla metafora collodiana dell’infanzia interpretata dai più fini critici, enucleando citazioni e passaggi, perchè dagli anni ‘60 le chiavi di lettura sono state pedagogiche, strutturaliste, sociopolitiche, marxiste, filologiche, antropologiche, psicologiche e bibliche, consentendo al lettore di individuare i contesti e creare una mappa complessiva dei giudizi.
Nella seconda parte: Traduzioni/adattamenti/riscritture in Italia, dopo aver proposto un’esauriente sintesi delle teorie di J. Genette, R. Jakobson, R. Oittinen, L. Hutcheon e altri, esamina le traduzioni, gli adattamenti e le riscritture del romanzo in Italia. Quella più autorevole è di L. Compagnone che ha condotto ricerche e allestito regie da alcuni decenni fino a realizzare anche una riscrittura ambientata a Napoli con una critica feroce alla società italiana.
Le riscritture per il cinema e il teatro (degli anni Novanta e Duemila) sono elencate in ordine cronologico a partire da quella di G. Antamoro del 1911, ribadendo che lo sceneggiato del 1972 per la regia di Comencini rimane il punto di riferimento per molti altri sceneggiatori e registi non solo italiani. Una serie di interviste ai registi (a corredo si trovano un ricco apparato di foto di scena e un DVD di Gianni Caliendo in cui si documentano tre degli spettacoli citati) permette di ricostruire la genesi della messa in scena, le motivazioni e la visione d’infanzia che li ha sospinti ad adattare il romanzo per la versione televisiva, cinematografica o teatrale. Su tutte citiamo quelle di C. Bene, una serie di riscritture (1961-1998) in cui il regista esprime varie interpretazioni del burattino e del suo contesto: della classe media, del sistema scolastico italiano, del piccolo borghese, dell’infanzia tout court.
Nella terza sezione: Traduzioni/adattamenti/riscritture in Inghilterra l’autrice attraversa la Manica per indagare sugli esiti anglosassoni giacché Pinocchio è stato tradotto per la prima volta proprio in inglese nel 1892, da Mary Alice Murray. Successiva a ben 46 diverse traduzioni, la più recente è ad opera di Ann Lawson Lucas, con le illustrazioni di E. Mazzanti, pubblicata dalla Oxford University Press nel 1996.
Nella sua esaustiva indagine la Paruolo constata che le trasposizioni britanniche hanno come versione di riferimento quella di Disney del 1940, quindi hanno poco a che vedere con l’originale collodiano. Anche in questo caso si sviluppa un’esauriente panoramica sulle immagini d’infanzia in Inghilterra e sulle trascrizioni sia cinematografiche sia letterarie supportate anche dalle traduzioni integrali e ridotte, precisando che nello specifico inglese spesso, all’interno della trascrizione teatrale, il romanzo è stato contaminato con la pantomima. Gli adattamenti teatrali sono iniziati nel lontano 1929.
L’accurata analisi permette di illuminare le grandi differenze di prospettive storico-sociali tra le due nazioni. L’autrice si sofferma quindi sulla difficoltà di trasferire in altri idiomi le peculiarità della lingua scelta da Collodi e al contrario di altri testi classici che non sono riusciti a conquistare le platee di lettori stranieri (la Paruolo si riferisce a Cuore, in realtà ancora apprezzato e amato in molti paesi stranieri) e sottolinea che Pinocchio ha dimostrato di avere un sostrato comune a tutti i lettori, di possedere un patrimonio di contenuti universali che lo hanno reso popolare a grandi e piccoli, di saper dialogare con altre forme espressive artistiche e di stimolare la creatività di altri autori, registi, attori che ne hanno estrapolato numerosi aspetti precipui.
In effetti il romanzo rimane molto moderno e amato dall’immaginario collettivo dei lettori a livello internazionale.
Un’ultima considerazione: si potrebbe obiettare che il saggio si rivolga solo ad esperti degli ambiti di italianistica e di pedagogia, invece le argomentazioni chiare e convincenti permetteranno anche agli studenti di utilizzarlo come ottimo testo di approfondimento.
Genere: saggio di letteratura giovanile.
C. Camicia

POHLMEYER MARKUS
Il topo, il gallo e il cowboy
EDB, Bologna, 2017, pp. 55, € 8,50.
L’agile libretto ci attrae con il sottotitolo Tre fumetti sotto la lente del teologo, anche se non mancano gli aspetti sociologici. L’A. è un’autorità in Germania, nel settore Cultura-Linguaggio-Media e in particolare su Teologia e Letteratura. Egli qui si basa sull’analisi di tre principali edizioni a fumetti di personaggi molto popolari, dato che «i fumetti funzionano bene come narrazione; ma qualcosa si apposta furtivo nei loro abissi, nelle fondamenta su cui si poggiano e nei labirinti intertestuali nel bel mezzo dei quali noi siamo intricati». Nell’ordine di pagina viene prima il Gallo, cioè Asterix e tutto il mondo del suo villaggio rimasto indipendente dalle conquiste di Cesare. La lettura parallela del De Bello Gallico è puntuale ed esilarante. La conclusione è che «Nessuna dittatura al mondo potrebbe mai prevalere sull’intelligenza, il buon umore e l’ironia». A proposito di linguaggi, l’A. nota che, se la scrittura romana è sottoposta alla censura, quella orale dei Galli dipende dalla memoria dei druidi, che ogni tanto fa cilecca, riprendendo un’antichissima e nuova disputa fra i vari media. Infatti, non esiste un De Bello Gallico visto dalla parte contraria.
Da parte mia, aggiungo che l’epopea di Asterix e compagni è anche, nel dopoguerra, un’esaltazione della Resistenza del forte nazionalismo francese. Il secondo personaggio viene così giudicato: Lucky Luke è «l’ultimo eroe e il cowboy gentiluomo: povero, solitario, che cavalca canticchiando una melodia al tramonto». Combatte il male, rappresentato dai Fratelli Dalton, e in questo appare epico, eppure il male risorge e i Dalton persistono, fino a fare intravedere la nascita della mafia americana.
Nelle vicende, vi sono aspetti di satira delle vicende politiche, con i voti di scambio, la corruzione, l’oscuramento dell’opposizione. Nel terzo esame, partendo da Topolino e da tutto il mondo Disney, si sviluppano correlazioni tra fumetto e cinema (fino a Guerre Stellari), pubblicità e merchandising.
Genere: saggio.
D. Volpi

SIMIONI ALBERTO
Il West di Gigi Tex
Festina Lente, Ferrara, 2017, pp. 244, € 16,99.
Il volume presenta 228 pagine di fumetti prodotti, come informa la copertina, tra il 1982 e il 1988, quando il prolifico autore aveva dai 31 ai 37 anni. Aveva iniziato il suo itinerario di “fumettista” umoristico originale a soli 19 anni, collaborando a molte testate del mondo cattolico, tra cui alcuni diffusi giornalini per ragazzi («Piccolo Missionario», «Messaggero dei Ragazzi»). Morirà prematuramente nel 1990, e nel 2016, il Comune in cui aveva vissuto, Breganze, gli ha dedicato un parco pubblico. Il suo umorismo è comunque ispirato alla realtà: nella saga qui recealnsita si capisce, fin dal titolo, che si tratta di rivisitazione dell’universo western in chiave di satira affettuosa.
Dai pistoleri ai saloon, dalle diligenze alle cavalcate, dai pionieri agli indiani, dai ranger ai banditi, dai sigari al whisky e ad altri stereotipi diffusi prima dalle riviste popolari e poi dal cinema. Ma l’ambiente, la collocazione geografica e storica di alcune situazioni, la perfetta cura della prospettiva, le atmosfere sono elementi precisi presi in considerazione nelle sedici storie. Solo una di queste è un sogno che trasporta il nostro eroe nel Medioevo, a somiglianza dell’errare nel tempo del Procopio di Landolfi. Un altro pregio è, secondo noi, il variare continuo delle inquadrature, che richiedono – specie nelle scene di massa – un lavorio interpretativo da parte del lettore.
Opera divertente, riconoscimento postumo meritorio, impegno editoriale coraggioso.
Genere: fumetto.
Età: 9-12 anni e per tutti gli amanti del genere.
D. Volpi

MANZI ALBERTO
Non è mai troppo tardi. Testamento di un maestro.
EDB, Bologna, 2017, pp. 89, € 7,50.
L’ultima conversazione di Alberto Manzi con Roberto Farné è anche il testamento di un uomo che con tenacia ha portato avanti la sua personale visione dell’insegnamento. Tre tappe: il carcere minorile Aristide Gabelli di Roma, la RAI, il Sudamerica. Giovani detenuti, adulti analfabeti e indios. Per Manzi nessuna missione è impossibile e, soprattutto, non è mai troppo tardi per apprendere. Dalle sue lucide risposte traspare un’idea della scuola che, richiamando Don Milani, si fonda sulla pedagogia della tensione emotiva. Pochi e semplici suggerimenti per una didattica viva e costruttiva: spingere gli alunni a voler sapere e ad avere voglia di scoprire qualcosa di nuovo, parlare di quello che sta succedendo nel mondo, insegnare storia uscendo fuori dall’aula, rifiutarsi di dare giudizi definitivi, non isolare i portatori di handicap… Nella scuola del pensiero, Manzi non si è “mescolato” con nessuno meritando la tacita approvazione del ministro Falcucci che, dopo averlo definito «cane sciolto», lo licenziò dicendogli: «Allora può abbaiare quanto vuole». Se avete un amico insegnante che vi invita a cena, lasciate i dolci in pasticceria e regalategli questo libro.
Genere: divulgazione didattica.
I. Spada

SPADA ITALO
Lasciò detto il povero nonno.
Saggezza antica nei proverbi de I Malavoglia di Verga
Tip. Medaglie d’oro, Roma, 2017, pp. 74, s.i.p.
L’idea del Verga di riportare sulla bocca dei suoi personaggi proverbi popolari conferisce valori inestimabili alle sue opere. In questa raccolta l’A. raggruppa in nove “temi” i motti e i proverbi citati ne I Malavoglia e dai loro contenuti traspare non solo la valenza culturale e i modi di essere e di vivere degli abitanti di un territorio, ma anche un panorama più ampio nella “lettura” delle opere verghiane. Il saggio va oltre il prezioso accompagnamento all’incontro con gli scritti del Verga, si fa riscoperta di tutto ciò che «lasciò detto il povero nonno» e diventa letteratura che racconta la saggezza «lasciata in eredità da chi non c’è più». I primi tre temi – l’ideale del focolare, l’attaccamento alla roba e l’ideale dell’ostrica – nel caratterizzare un sistema di vita tipico degli abitanti di Trezza e di buona parte dell’Isola, lasciano individuare i punti di appoggio, le rocce che sostengono la capacità di accettare e affrontare le avverse forze di un amaro destino. Le scabrose trame, poi, dell’amore, l’incerto svolgersi delle relazioni e la forza dei valori educano alla prudenza, alla scaltrezza, alla costanza nel salvaguardare le proprie attitudini e difendere il proprio ruolo. Il destino e l’inutile lotta dei vinti rimarca con crudezza una delle principali tesi del verismo. Per questo l’A., nel presentare l’argomento precisa: «non è il caso di fare progetti. Gioie e dolori, vita e morte sono già segnati da tempo». Discorso a parte meritano le lezioni di vita dove viene chiarito l’itinerario dei motti e dei proverbi che, su consiglio dei saggi, vanno «appresi a memoria e tramandati alle nuove generazioni». L’A. sottolinea che «gli antichi non sbagliano mai» e aggiunge che tale affermazione «ha anche una motivazione psicologica: sentire operanti nel presente gli antichi con le loro massime che non conoscono l’usura del tempo». L’ultimo tema è riservato alla religiosità laica. La “provvidenza” rimane oscurata dalla cruda realtà dei fatti. Sarà il destino, piuttosto che quel richiamo divino con il quale è stata battezzata la barca di famiglia, a segnare il cammino dell’uomo. Un diffuso tipo di religiosità permeata di superstizioni, che diventa rassegnazione, come traspare dal detto di comare Venera: «Cento mani Dio benedisse, ma non tutte in un piatto».
Genere: saggio.
A. Leotta

ALBERTO PELLAI
BARBARA TAMBORINI
Coccolario
De Agostini, Milano, 2017, pp. 96, € 19,90.
I due autori, che hanno già pubblicato in tandem numerosi testi utili alla comprensione e allo sviluppo di legami affettivi, compongono una raccolta di filastrocche originali per arricchire il momento specifico delle coccole tra genitori e figli. Si possono raggruppare per temi: i momenti quotidiani del vissuto del bambino (il bagnetto, la gita in bici, fare la pizza), gli aspetti della natura (l’arcobaleno, la pioggia, le stagioni), le professioni. Da tutti questi soggetti i due autori creano quadretti allegri, poetici e giocosi con un ritmo e un lessico adatto alla memorizzazione, completato dalle vivaci illustrazioni a tutta pagina di Maria Luisa di Gravio. Nella seconda parte si forniscono indicazioni sull’importanza delle coccole nelle relazioni tra bambini e genitori, specificando che il fattore di protezione permetterà al bambino di vivere più sereno e in modo equilibrato. Le coccole, pertanto, sono «nutrimento fondamentale del legame affettivo» per sollecitare le capacità immaginative alimentandole con le parole e i gesti. Attraverso le carezze il bambino acquisisce anche i limiti del proprio corpo, percepisce le emozioni e un piacere fisico che non deve mai sconfinare nell’eccitazione sessuale. In alcune filastrocche sono messe in evidenza azioni da fare per visualizzare il contesto oppure azioni da eseguire sul corpo del bambino per far sì che il pensiero diventi sensazione da far tesaurizzare.
Questo albo di grande formato, da leggere sdraiati sul tappeto o nel lettone, preclude/precede quei momenti di tenerezza e protezione che contribuiscono a far crescere meno ansiosi. Il benessere che scaturisce dall’elargire reciprocamente delle coccole, si avverte fin da piccolissimi ed è un modo per relazionarsi, per esprimere un amore certo e gratuito.
Genere: raccolta di filastrocche divulgative.
Età: per genitori/educatori.
C. Camicia

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