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FURORE

4 novembre 2019

A Roma, nella incommensurabile Sala Crociera, testimone di più di quattro secoli di storia culturale dell’Ordine dei Gesuiti, si è tenuta la celebrazione degli ottanta anni del romanzo americano Furore, di John Steinbeck. Luogo prestigioso in cui la Fondazione Francesco de Santis assieme al Ministero dei Beni Culturali hanno scelto di commentare il noto romanzo americano e la sua attualità.
La sala, fondata tra il 1581 e il 1584 nel Palazzo del Collegio Romano, aveva lo scopo di diventare per gli studiosi e i religiosi luogo della memoria scritta. La Crociera e la Sala di Lettura ospitano ancora oggi un patrimonio librario inestimabile, formato da diverse collezioni prestigiose di grande interesse per studiosi di araldica, arte orientale e storia dell’arte.
In quel sereno pomeriggio, dal clima autunnale e dalle calde sfumature riverberanti sui palazzi storici adiacenti, Emanuele Trevi e Leonardo Colombani hanno condiviso interessanti riflessioni sia sul testo sia sul contesto dell’epoca; nonché sul tema narrativo del romanzo, già contenente tutte le caratteristiche stilistiche e linguistiche dell’autore. Steinbeck concentrò il focus della storia sul cambiamento climatico avvenuto nel 1936 negli Stati Uniti, in alcuni stati flagellati dal vento desertico e dalla siccità; il suo romanzo, fin dal lontano 1939, ha profetizzato le crisi economiche-ambientali dell’età contemporanea.
La mitica Route66 simbolizza il percorso salvifico verso la California dove i contadini, abbandonando le loro terre inaridite nell’Oklahoma, nel Kansas e nel Texas, approderanno ad una nuova vita. Esistenze deluse e ancora più umiliate per questi migranti “interni” che stentano a ritrovare un loro ruolo. Purtroppo si assistette alla migrazione interna di almeno 500.000 americani che cercarono di trovare altrove uno spiraglio per le loro vite vinte dal vento e dalla siccità. La ricerca di un nuovo ruolo lavorativo testimoniava della loro esigenza di futuro, di certezze legate alla terra.
I capitoli più propriamente dedicati alle vicende della famiglia Joad si alternano agli intercapitoli che trattano del contesto storico-sociale basati sulle indagini giornalistiche redatte in loco. Infatti Steinbeck era stato incaricato per il quotidiano “S. Francisco Chronicle” di indagare, spiegare ma non giudicare, la crisi del 1936 dovuta all’aridità di quegli anni. Lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali porta a dei disastri ambientali, ammonì Steinbeck.
Il linguaggio è vibrante, lo stile asciutto e incisivo riesce a coinvolgere il lettore appassionandolo; invece i critici non hanno mai apprezzato appieno il suo stile giornalistico. Sebbene questo epico affresco americano racconti la Grande Depressione esprimendo attraverso i personaggi gli aspetti significativi e emblematici della società americana, non ricevette l’approvazione degli ambienti letterari colti che gli fu attribuita solo nei decenni successivi consacrandolo come uno dei classici della letteratura internazionale. In Italia fu tradotto durante il regime fascista e quindi fu censurato in alcuni passaggi, la traduzione più recente del 2013 rende tutto il lirismo simbolico della descrizione del paesaggio, il duro naturalismo, la concretezza documentaristica di denuncia del New Deal, l’eco biblica dell’Ecclesiaste, il gergo dei migranti.
Un altro aspetto specifico della narrazione risiede nell’ambientazione esterna, infatti gli interni sono pochi e non significativi mentre il contesto naturale con la sua trasformazione e la presenza degli agenti atmosferici, imprimono intense emozioni al lettore. Il furore del clima, le conseguenze che ha apportato e la premonizione di quello che accadrà tengono alta la tensione del lettore e la trama scorre velocemente pur accompagnando il protagonista e il lettore sull’orlo di un baratro.
Ricordiamo, per chi volesse ascoltare un interessante reading di Baricco, di collegarsi su Rai Play, e godere la trasmissione tenuta in occasione della giornata in ricordo delle vittime delle migrazioni https://www.raiplay.it/programmi/steinbeckfurore/
Grapes of wrath fu l’apprezzata versione filmica del regista John Ford (1940), con primo attore Henry Fonda nel suo indimenticabile Tom Joad. Il suo è un protagonista che esonda dal romanzo, egli crea intorno a sé una sorta di mito popolare, assurge a figura eroica come Robin Hood.
L’attualità del testo si concentra sul tema del cambiamento climatico, Steinbeck però sottolinea oltre all’esplicito riferimento storico, che questi corsi e ricorsi, come affermava il filosofo Vico, si ripetono e premonizzano il futuro. Steinbeck ha espresso una fede personale non individuale ma collettiva, per il bene comune, perchè la giustizia sociale affonda le sue radici nella solidarietà.
Claudia Camicia

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