Sabina Colloredo: dalla parte delle donne
Sabina Colloredo ha lasciato il mondo magico della letteratura per ragazzi in questa asfissiante estate 2024. Lettrici e lettori ne ricordano le numerose pubblicazioni su streghe, mitologia, biografie femminili.
Le rendiamo omaggio riportando l’intervista che G. Capozza ha pubblicato in Progetto lettura (a cura di Daniele Giancane, Levante, Bari 2009, pagg. 97-108). *
1.Una delle qualità umane più spiccate dei suoi personaggi femminili è il coraggio. A Suo parere, quanto ha contato il coraggio morale per il riscatto ed il progresso storico delle donne? La vita di oggi quali tipi di coraggio richiede ad una ragazza per essere vissuta con pienezza?
Il coraggio morale risulta meno “mediatico” di quello fisico. Non fa storia. Sul coraggio morale, se non è seguito da un gesto eclatante, spesso si soprassiede, perché è difficile da raccontare. Io dissento. Penso che nei secoli le donne, poco partecipi per i motivi che sappiamo alla vita politica e sociale, si siano esercitate tra le mura domestiche e fuori, nell’allenamento di quel tipo di coraggio che alla fine ti designa eroe dell’unica battaglia degna: la vita. Sono una grande ammiratrice di questo coraggio così intimo, senza nome, e cerco di renderlo protagonista anche attraverso la storia di personaggi femminili famosi. Sono convinta che quelle esperienze di vita, nei loro alti e bassi, ma vissute nella pienezza di un ideale, possano essere un importante riferimento per le ragazze d’oggi e per le loro mamme.
Ne ho avuto la conferma durante gli incontri scolastici che riguardano le biografie della collana Sirene. La vita “normale” di donne speciali è di grande conforto per le lettrici, quando il vuoto interiore o esteriore si fa grande e incolmabile. Il dialogo a distanza, scandito dalle emozioni e dai fatti, con donne che hanno lottato per affermarsi, rende più degne le piccole battaglie quotidiane.
Tutte, ragazze ed insegnanti, mi hanno incitato a continuare: “Scriva, scriva ancora…i loro gesti e i loro pensieri comuni ci danno il segno della vera eccezionalità della vita”, mi dicono.
- Quale importanza ha per Lei il “femminile” nella letteratura per ragazzi/e?
Il “femminile” comprende anche il maschile, ma non viceversa. L’apertura maggiore ai progetti, alle idee, ai grandi cambiamenti della vita è una specificità femminile, anche nella letteratura. L’attenzione alla quotidianità come riscatto dell’individuo: un piatto cucinato con amore, un fiore che cresce bene o un figlio con il vestito pulito danno dignità all’essere umano, insieme a un pensiero libero.
Mi piace mischiare i due piani, nei miei libri. Sentire un profumo con la stessa intensità con cui si patisce un’ingiustizia.
È la vita.
E raccontare di una donna è tutto questo, anche se parlo della regina Cleopatra.
Non ho una formula o una risposta precisa a questa domanda. Io dico alle mie figlie e alle mie lettrici di cercare di sentire, nel frastuono che ci circonda, quali sono per loro le cose veramente importanti e di cercare di perseguirle. Ci vuole quel coraggio di cui parlavamo, per portare avanti le piccole cose di tutti i giorni senza sentire il peso della leggerezza generale che ci soffoca e ci manda a letto la sera con il senso di una giornata piena di niente.
È il riscatto di una testa che pensa. E la lettura è un modo di pensare a sé stessi.
- Lei ha scritto di Cleopatra, Isadora Duncan e Margareth Mead. Ha mai pensato ad un personaggio italiano? Se sì, quale? Se no, preferirebbe un personaggio del passato (es. una principessa rinascimentale) o uno contemporaneo (es. Maria Montessori)?
In genere preferisco i personaggi da cui posso prendere le distanze, in termini di tempo e di spazio, come quelli del passato. A settembre [2009] esce la vera storia della principessa Pocahontas, un esempio di donna che ha compreso il nuovo (i coloni inglesi che sbarcano sul suo territorio), non ne ha avuto paura, ma anzi, si è adoperata per cercare una forma di convivenza, per scongiurare guerre e massacri. Il cartoon di Walt Disney l’ha macinata e ridotta ad un personaggio da operetta.
Ho cercato di riscattarla, chissà se ci sono riuscita. Pocahontas non sapeva né leggere, né scrivere, ma mi ha condotto molto lontano.
Così ho scritto io per lei.
- Quali saranno le Sue prossime realizzazioni editoriali?
Ora mi sto dedicando ad altri progetti editoriali, tralasciando per qualche tempo le biografie.
- Lo sviluppo narrativo di molti suoi racconti è incentrato sulla difficoltà di stabilire un rapporto affettivo paritario e duraturo tra uomo e donna. Non teme che questa impostazione possa disorientare l’educazione affettiva delle giovani lettrici, le quali potrebbero pensare che l’amore sia un sentimento comunque destinato al fallimento o dall’ effimera durata?
Non cerco di educare le giovani lettrici, ma di raccontare loro delle storie. Le vite reali hanno schemi affettivi molto diversi, meno duraturi e più flessibili, di quelli attraverso i quali è cresciuta la mia generazione. Io ovviamente ne sono influenzata, perché è il mondo in cui vivo. I ragazzi poi hanno la capacità di adattarvisi, forse anche un po’ troppo in fretta, spesso senza riuscire ad elaborare la sofferenza che i cambiamenti provocano. Io mi limito a prendere nota di tutto questo e a scriverne. I ragazzi hanno davanti agli occhi esempi positivi e negativi del rapporto uomo e donna, penso che il confronto con temi che conoscono bene, li aiuti a comprendere situazioni sulle quali, nella vita reale, quando la distanza è minima, magari non riescono a soffermarsi.
Riflettere sulla realtà, rende i ragazzi più forti. Parlar loro chiaramente, credo li aiuti a non diventare degli adulti cinici.
- Nei suoi racconti il rapporto madre-figlia è descritto con tenerezza e preoccupazione, mentre il rapporto padre-figlia è meno consistente sul piano affettivo, oppure problematico. Questo, per Lei, significa che il maschio (sia giovane che adulto) è immaturo (se non addirittura incapace) sul piano affettivo, rispetto alle donne? Come le donne possono (ammesso che possano) aiutare gli uomini ad essere più “amorevoli”?
Anche in questo caso, nei miei libri mi allineo alla realtà. Le mamme sono più presenti e più sofferenti nella loro alternanza di ruoli, ma più disposte a giocarsi il tutto per tutto. Sbagliano, piangono, ridono e sbagliano ancora, ma sono sempre lì, sulla porta ad ogni ritorno a casa.
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* L’intervista è preceduta, nel testo pubblicato da Levante, dalla biografia dell’A. e note critiche riguardanti alcuni suoi romanzi pubblicati da EL (Cleopatra, Pocahontas, Margareth Mead, Isadora Duncan, Peggy Guggenheim) con particolare attenzione a Non chiamarmi strega (Einaudi), la cui lettura mi aveva letteralmente “stregato” per l’originalità della trama e la dinamicità dello stile.
- A questa intervista seguirono gli accordi per presentare agli alunni della SMS “Azzarita” presso la libreria Laterza Non chiamarmi strega (Einaudi) in seguito alla quale, come scambio amicale, le inviai il mio racconto La decisione del re, trasposizione per ragazzi in prosa della Ifigenia in Aulide di Euripide. Alcuni mesi dopo, Sabina Colloredo, alla ricerca di nuovi stimoli narrativi, iniziò a pubblicare una collana di titoli dedicati agli dèi e ai miti greci.
- Capozza, studioso di letteratura giovanile